Modena City Ramblers: intervista a Franco D’Aniello
Il Messaggero 24.09.2011
La marcia della Pace 2011 è ormai alle porte. Domani, come nelle passate edizioni, ad attendere il colorato corteo ci saranno ospiti speciali a partire da Massimo Cirri e Filippo Solibello (conduttori del programma Caterpillar di Rai Radio2) oltre a Comici per la pace e Banda Osiris. Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata dal concerto che i Modena City Ramblers terranno sul palco allestito per l’occasione.
Franco D’Aniello, colonna portante della band emiliana, come si stanno preparando a questo evento. Cosa rappresenta per voi partecipare alla Marcia della Pace?
«Beh, quando ce l’hanno chiesto ci siamo sentiti davvero lusingati. Siamo sempre stati vicini a questo movimento ed abbiamo tanti amici che aderiscono alla Marcia, da Libera ad Amnesty passando per l’Arci e le associazioni cattoliche».
Quindi siete felici di partecipare
«Felici è dire poco. E’ un’iniziativa che sposiamo anche personalmente e non abbiamo pensato due volte ad accettare. Ammetto che ci siamo anche un po’ stupiti del fatto che chiedessero a noi: è una manifestazione tanto importante ed abbiamo un po’ di timore reverenziale».
Sicuramente è un bel riconoscimento. State preparando qualche sorpresa speciale?
«Faremo una scaletta per l’occasione, ma preferiamo deciderla sul momento in base agli umori che percepiremo dalla piazza. Saranno all’incirca 45 minuti di live quindi concentreremo tutta la nostra carica».
C’è una canzone che rappresenta più di altre la vostra idea di pace?
«Direi che ce ne sono varie, ma forse Altritalia contiene un messaggio in cui crediamo molto: le persone spesso vengono considerate solo il giorno delle votazioni, mentre magari tutto l’anno si impegnano per gli altri e sono un esempio di virtù, senza secondi fini. Questa è la parte dell’Italia che ci piace di più e pensiamo, anche se non dovremmo dirlo noi, di farne parte. E’ una grande risorsa ma fa anche paura».
Perché dice che fa paura?
«Basta vedere che non se ne parla. Nonostante tutta la stima e l’amore che abbiamo verso Vasco Rossi, ad esempio, non capiamo come si possa parlare in tv per 700 minuti all’anno di lui e nessuno parla invece di Pino Maniaci, una voce libera della Sicilia che spara a zero contro la mafia nonostante tutto quel che ne consegue».
Diciamo che i riferimenti positivi, attualmente, non sono poi molti.
«Assolutamente. E bisogna stare attenti perché vivere senza riferimenti positivi è molto brutto. Penso alla nostra canzone I 100 passi, che parla di una persona normale che ha fatto qualcosa per cambiare».
Peppino Impastato, assassinato dalla mafia nel ‘78?
«Sì. Lui è il simbolo di un impegno personale, di un uomo che semplicemente ha scelto di vivere il suo tempo nel nome della propria libertà e soprattutto di quella di pensiero».
Qual’è invece il principale messaggio del vostro nuovo album Sul tetto del mondo?
«Abbiamo cercato di fare un disco che fosse molto fresco, poco studiato. Volevamo parlare di temi come quello dell’amore, che da un po’ non affrontavamo ovviamente visti alla nostra maniera. E’ un album meno combat ma del resto siamo un po’ invecchiati e cerchiamo di essere più riflessivi.
Il titolo del resto è già molto significativo di per sé
«Ogni tanto occorre mettersi lì, sul tetto del mondo, e guardare a 360 gradi quel che ci circonda. E’ l’unico modo per capire l’insieme delle cose, mentre ci hanno abituato ad essere troppo analitici, a cercare l’ago nel pagliaio. Ma spesso cercando l’ago si perdono le cose belle che il pagliaio stesso ti dà».
E cosa avete visto dal tetto del mondo?
«Che lì sotto c’è una marea di gente che ci piace, piena di esempi positivi che bisognerebbe far conoscere a tutti. Domani sarà una splendida occasione per dare una voce a queste persone».