Intervista a Leo Pari
Il Messaggero 09.04.2011
Uno “Spaventapasseri” stasera al Loop di Perugia. Questo il titolo del nuovo Ep firmato Leo Pari, uno dei più apprezzati cantautori della cosiddetta “scuola romana” pronto a raccontarsi attraverso il suo folk rock in un concerto intimo ma non certo morbido. L’autore è stato scoperto dal grande pubblico quando nel 2006 la sua canzone “Ho un Grillo per la Testa” divenne sigla dello spettacolo del comico genovese che poi gli chiese di creare la sigla per il celebre V-Day.
Come nacque l’ormai famosa collaborazione con Beppe Grillo?
«E’ una cosa che risale a molto tempo fa, quando nel mio primo album inserii un brano ispirato a lui. La canzone gli piacque molto e da lì non sono mancate le occasioni per collaborare ancora».
All’inizio della tua carriera la tua musica era molto sperimentale, un vorticoso mix di rock, rap, folk ed elettronica. I nuovi brani invece come sono?
«Credo di aver trovato il mio sound definitivo. I periodi di sperimentazione sono necessari e non è detto che in futuro non tornerò a “smanettare” coi computer sulla mia musica, ma queste nuove canzoni sono essenziali, sincere e dentro c’è tanto amore».
Quindi un cambio di stile?
«n proprio, in realtà mi sono trovato questi pezzi “scritti da soli” e credo che mi rappresentino al 100%, sia per quanto riguarda la mia vita che per la musica che ora voglio proporre».
Allora forse piuttosto un ritorno alle origini?
«Direi proprio di sì. Del resto intorno c’è tanto caos e penso che un bel ritorno alle origini non faccia certo male, anche nella musica. Diciamo che per me più di una conversione è stato un ritrovare la fede».
Anche per questo hai scelto di aprire uno studio di registrazione con strumentazione vintage?
«Il Gas Vintage records è uno studio ed anche un’etichetta musicale. Moltissimi artisti cercano di ricreare sonorità più “sincere”, rinunciando all’ausilio soffocante della tecnologia».
Ad esempio chi ha registrato recentemente da te?
«Lo studio è sempre pieno di persone che fanno generi diversi, dagli Zu a gruppi post-rock, passando per i Radici nel Cemento e artisti reggae».
Come mai secondo te questo “ritorno al passato”?
«Negli ultimi 10 anni i dischi si facevano a casa, in cameretta, come ho fatto io stesso. Per necessità, soprattutto economica, e anche perché le nuove tecnologie lo permettono. Il sound che usciva era però sempre un po’ campionato ed elettronico, ora per fortuna sta tornando la voglia di fare davvero i dischi, di suonare».
Una cosa che forse all’estero non è mai stata trascurata.
«Negli Stati Uniti ad esempio solo l’hip hop è così elettronico, tutto il resto è sempre stato suonato. Anche per questo siamo andati più volte a Los Angeles: il Sunset Boulevard è la Mecca del rock. L’atmosfera che si respira lì è palpabile sia nel mio disco solista che in quello con i San La Muerte».
Ti riferisci al tuo ultimo progetto rock.
«Sì, Leo Pari e San La Muerte fanno parte della stessa tavolozza: sono come due bottiglie di vino nella stessa cantina».
E quando arriverà il prossimo tuo album solista?
«Uscirà il prossimo ottobre. Il titolo non l’ho ancora detto a nessuno, si chiamerà “Resina”».