Il Teatro degli Orrori: intervista a Pierpaolo Capovilla
Il Messaggero 19.12.2009
Scatterà questa sera una delle notti più attese dagli umbri amanti del rock: sul palco dell’Urban (S. Andrea delle Fratte) salirà infatti Il teatro degli orrori, band che ha conquistato negli ultimi anni un posto di rilievo nel panorama indipendente italiano, grazie soprattutto proprio ai loro irresistibili live.
«I nostri show sono sempre esplosivi – ammette Pierpaolo Capovilla, voce del gruppo (nonché storico fondatore degli One Dimensional Man, ndr) – delle vere bolgie infernali… Cerchiamo la partecipazione emotiva e fisica del pubblico. Il Teatro degli Orrori non finge, è tutto vero. Non siamo quattro fatue rockstar, noi mettiamo in scena la vita ed ogni nostro concerto è per me una prova capitale. Se non fosse così, non varrebbe la pena giocar la partita». Parole che trovano riscontro nell’affetto crescente di un pubblico, ormai non più di nicchia, che ha imparato ad amare i loro testi provocatori ed uno stile che, senza dubbio, è tra i migliori esempi del rock made in Italy attuale.
Il loro nuovo disco “A sangue freddo”, è un lavoro di grande spessore che gli addetti ai lavori hanno promosso quasi unanimemente: «E’ un disco più classicamente rock – spiega Capovilla – dunque più vicino alla forma canzone. Abbiamo scritto una manciata di pezzi che parlano dell’oggi, delle piccole e grandi ingiustizie che ogni giorno si svolgono di fronte ai nostri occhi: in questo senso, il nuovo album è più “politico” del precedente, più legato alla contemporaneità. Del resto la musica popolare contribuisce alla formazione dell’immaginario collettivo; puoi fare delle canzoni che compiacciano chi le ascolta, senza preoccuparti dei contenuti, oppure scrivere canzoni dotate di un messaggio, che inducano l’ascoltatore ad una riflessione in più, a porsi delle domande. Sono convinto che con le canzoni si possa a rendere la società in cui viviamo un po’ più bella e giusta di prima».
La dimensione teatrale del progetto è spiccata (già il nome evoca il teatro della crudeltà di Artaud) mentre tra le loro nuove canzoni si ritrova Majakovskij, oltre a citazioni di De Gregori, De André, Pino Daniele; in parole semplici un ideale congiungimento tra gli anni di cultura del cantautorato ed il rock più intransigente: «Un vero cantautorato non esiste più – dichiara il leader de Il Teatro degli Orrori – però la musica indipendente in Italia sta vivendo un bel momento. Giovani e meno giovani accorrono ai concerti numerosi, c’è voglia di autenticità… forse l’edonismo sta passando, forse qualcosa cambia finalmente nel nostro Paese e mi piace pensare che sia anche merito nostro».
Del resto lo spirito “rivoluzionario” de Il Teatro degli Orrori e la loro capacità di distinguersi tra molti è evidente, con Pierpaolo Capovilla che si augura innanzitutto «la fine del berlusconismo ed un cambiamento radicale del personale politico che governa il paese»; stasera all’Urban andrà in scena lo sgomento di un Paese alla deriva, dove anche la musica soffre fortemente: «Una cosa è certa, non si vendono più dischi, o almeno non più come vent’anni fa. Se vuoi vivere di musica, devi suonare e suonare, sei costretto a fare una vitaccia faticosa, fatta di interminabili autostrade e notti insonni, devi spesso trascurare la tua vita privata. Il sentiero è difficile ed irto di difficoltà, ma se vuoi il professionismo non puoi tirarti indietro mai. Prendere o lasciare».