Bologna Violenta: intervista a Nicola Manzan
Il Messaggero 21.05.2011
Appuntamento sulle sponde del Trasimeno. O meglio, sul palco de La Darsena. Stasera a Castiglione del Lago, Nicola Manzan alias “Bologna Violenta”. Il progetto solista del chitarrista-violinista del Teatro degli Orrori ha dimostrato di essere molto apprezzato in terra umbra, magari per il singolare approccio musicale ispirato ai film poliziotteschi degli anni ’70 piuttosto che per la potente carica che Manzan riesce ad esprimere sul palco. Oggi l’artista trevigiano presenterà i brani dell’ultimo lavoro, Il Nuovissimo Mondo, interessante album che trasuda di rimandi cinematografici, dagli horror anni ‘80 ai docu-film dal sapore vintage.
Il progetto Bologna Violenta sta riscuotendo un successo sempre crescente, qual’è secondo lei il principale motivo?
«Un progetto come il mio credo che al momento sia unico in Italia. E’ vero, si fatica a proporre cose di rottura, ma forse il pubblico ne ha bisogno».
Può spiegarsi meglio?
«All’inizio sembrava un gioco, come se volessi fare il fenomento per 10 minuti prima di tornare alla musica vera. Poi invece la gente ha capito il senso del mio progetto e spesso, dopo il live, mi dicono che avevano proprio bisogno di questo.
Il suo è un percorso a dir poco anomalo.
«Sicuramente. Sono partito dai concerti underground, spedendo a mezzo mondo le cassette demo di progetti rock mentre studiavo musica classica e suonavo nelle orchestre. Poi sono passato per il cosiddetto “main stream” grazie ad altre cose (Manzan collabora anche con Baustelle, Benvegnù, Ligabue, Moltheni, Zen Circus ed altri, ndr) e continuo ad esibirmi da solo anche in posti piccolissimi se capita».
Bologna Violenta è un progetto da definire fai-da-te?
«Sì, mi muovo da solo con la mia ragazza; i cd e le magliette le stampo io. Certo, ho un booking e un’etichetta che mi aiutano ma il resto è gestito da me».
Perché questa scelta?
«Forse perché non ho grandissime aspettative, quindi ci tengo a tenere tutto tra le mie mani. Punto in alto, certo, a chi non farebbe piacerebbe fare il giro del mondo ma ci vogliono anni».
In effetti il pubblico sembra apprezzare anche questo, non crede?
«Il mio primo album l’ho distribuito su CD vergini, il sistema più economico. In due anni ne ho distribuiti 3000, quasi quanti ne fa un disco del Teatro degli Orrori per capirci».
Eppure è forse dal vivo che questo progetto si esprime al massimo.
«Certo. In genere dopo il live mi dicono che non capiscono cosa sia successo. Forse anche io non l’ho capito! Altri mi spiegano che ascoltandomi sono stati come dentro un trip: i pezzi sono quasi degli spot, c’è sempre una parolina che ti rimane lì e questo ti induce a pensare. Anche se il tema è triste, almeno ci abbiamo pensato».
Per lei il concerto quindi è una sorta di catarsi?
«Nel live ci metto tutta la mia parte umana, la vivo e cerco di tirar dentro anche il pubblico. L’obiettivo è quello di lasciare qualcosa a chi mi sta ascoltando».
Quali sono i prossimi progetti di Nicola Manzan?
«Mi aspetta una vacanza violenta… Quest’estate riposerò e mi concentrerò su uno spettacolo nuovo ho le mani che prudono. Ho in mente un nuovo disco, che voglio sia ancora più estremo».