Intervista a Rocco Papaleo
Il Messaggero 13.03.2012
Venerdì, palco del Teatro Morlacchi a Perugia: Rocco Papaleo. Ovvero uuno degli attori italiani attualmente più gettonati. Dopo il debutto come regista in Basilicata coast to coast e la recente co-conduzione del Festival di Sanremo, torna sulle scene con lo spettacolo teatrale Una piccola impresa meridionale. L’artista lucano presenterà al pubblico umbro il suo originale esperimento di teatro-canzone che si sviluppa attraverso racconti dagli accenti esistenziali narrati in prima persona. Poesia, musica, ironia, riflessioni profonde: così Papaleo descrive il suo spettacolo.
Quest’ultima esperienza che tipo di emozioni le sta dando?
«Diciamo che quando siamo sul palco ci sentiamo in una sorta di stato di grazia. Non so se il pubblico riesce a percepirlo, ma c’è davvero tanta voglia di stare insieme, una grande motivazione dettata dal fatto che riusciamo ad esprimerci attraverso un linguaggio che c’appartiene profondamente».
Quindi c’è molto affiatamento tra lei ed i suoi musicisti?
«Assolutamente, abbiamo raggiunto un livello d’interplay molto alto, anche se non dovrei dirlo io quanto piuttosto il pubblico. Sul palco comunque lo percepisco molto bene».
Come ha fatto a rendere i musicisti quasi degli attori?
«In realtà credo che già fosse presente il loro lato teatrale. Poi è una questione di umanità: siamo persone che interagiscono, con il piacere di stare insieme. Questo fa il resto».
Quel che propone nei suoi spettacoli è uno specchio della sua personalità?
«E’ naturale che ci sia una trasposizione scenica del proprio modo di essere. Le storie che raccontiamo hanno una percentuale di verità molto alta. Diciamo che mettiamo in scena le nostre storie personali, magari adattate, ma partono sempre da spunti autobiografici».
Dunque vi mettete particolarmente a nudo?
«Esatto, non abbiamo barriere. E’ un gioco in bilico tra verità e romanzo, dove tutti posso mettere il confine nel punto che vogliono. Ad esempio in questo ultimo spettacolo noi siamo già in platea quando entra il pubblico; è un modo di togliere simbolicamente la barriera tra vita privata e vita pubblica, prima di entrare effettivamente nella dimensione palco-platea».
Per lei quali sono le tre cose che non devono mancare mai nella vita?
«Pongo la musica come regina incontrastata dell’esistenza. Poi c’è la poesia ed infine l’energia vitale. In fondo quel che non deve mancare sono le molteplici sfaccettature dell’esistenza quotidiana».
Questo ultimo periodo è particolarmente denso di sfaccettature, giusto?
«Beh, nell’ultimo mese c’è stato un complesso di cose che si sta muovendo. Non parlo di un dopo Sanremo, anche perchè la parola Sanremo comincia a pesare un po’! Attenzione però, non voglio neppure difendermi da questa cosa: è stata un’esperienza un po’ nevrotica ma ha certamente creato un’attenzione maggiore intorno a quel che faccio. Ora sta a me ora dare alla gente quello che mi sento di voler dare».